UniBa, ricercatori dimostrano come estrarre inulina dalle radici della pianta del carciofo: “Un tesoro sotto terra”

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“Non sarà petrolio, ma anche la Puglia custodisce un tesoro sotto terra. Si chiama inulina e a produrla ci pensano le piante dei carciofi”. A spiegarlo è Pietro Santamaria, professore del Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali dell’Università degli Studi di Bari. Ricercatori UniBa, infatti, hanno dimostrato che dalle radici del carciofo – per la cui produzione la Puglia è regione leader con circa un terzo della produzione nazionale – può essere recuperata una preziosa molecola.

“Per loro è una fonte di energia, che accumulano nelle radici – si legge in una nota degli stessi ricercatori -. Per noi è una risorsa preziosa come ingrediente alimentare: è in grado di formare un gel, infatti, che può essere impiegato come addensante, anche come sostituto dei grassi nei dessert e nei prodotti da forno. Fornisce pochissime calorie, perché il nostro organismo non è dotato degli enzimi necessari per digerirla. È un prebiotico, ovvero un alimento ideale per il nostro microbiota intestinale, molto importante per il mantenimento della nostra salute”. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sull’ultimo numero della rivista Food Hydrocolloids, una delle più prestigiose del settore delle scienze alimentari. Dieci i componenti del gruppo di lavoro: Maria Castellino, Massimiliano Renna, Beniamino Leoni, Maria Calasso, Graziana Difonzo, Pietro Santamaria, Giuseppe Gambacorta, Francesco Caponio, Maria De Angelis, Vito Michele Paradiso

Ricchezza da uno scarto, dunque. Infatti, il progressivo passaggio dalla tradizionale coltivazione poliennale del carciofo al più breve ciclo colturale annuale – anche per ridurre la stanchezza del terreno – sta facendo lievitare i volumi di radici che annualmente vengono estirpate o interrate. La ricerca dell’Ateneo barese propone, al contrario, una valorizzazione di questo scarto, che può fornire fino a 200 grammi di inulina per chilogrammo di radici. Peraltro, l’impiego di tecnologie di estrazione innovative, come l’estrazione con l’ausilio degli ultrasuoni – l’innovazione utilizzata dai ricercatori baresi – consente di ottenere rese elevate con un impatto ambientale notevolmente ridotto. Gli addetti ai lavori la chiamano economia circolare. Per i non addetti si può riassumere così: “Pensarci due volte, prima di buttare qualcosa”.


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