“Due minuti per spiegare le nostre ragioni sulla scelta di effettuare il tampone non prima di 72 ore dal rientro da Spagna, Grecia, Malta e Croazia”. Così, sui social, il professor Pier Luigi Lopalco, a capo della task force pugliese per l’emergenza coronavirus.
“Se vogliamo essere sereni e certi di non portare il virus in famiglia, facciamo un piccolo sacrificio – scrive ancora l’epidemiologo, che in un video entra nel dettaglio della decisione. Una scelta differente rispetto a quella presa dal Ministero della Salute che, invece, ha previsto il tampone entro 48 ore dal rientro in Italia-. Quando si rientra da questi paesi bisogna stare a casa per qualche giorno. Quindi fare il tampone. E in caso di tampone negativo si può riprendere la vita normale”.
“C’è stata un po’ di confusione in relazione al momento in cui fare il tampone e vorrei spiegarvi il motivo che ha spinto la Regione Puglia a optare per le 72 ore – dice Lopalco nel video -. Il test serve per rilevare la presenza del virus nel naso e nella gola, ma un tampone può risultare positivo quando c’è un’infezione in atto: quando il virus si sta replicando. Se mi sono infettato ieri, quindi, e faccio il tampone oggi il risultato sarà quasi sicuramente negativo. Dopo due o tre giorni, però, l’infezione progredisce ed io posso andare in giro e contagiare gli altri”.
“Ecco perché – conclude l’esperto – un tampone fatto immediatamente al rientro può essere importante per intercettare tutti quelli che si sono contagiati tre o quattro giorni prima, ma se uno si è infettato durante il viaggio o la sera prima quel tampone potrebbe risultare negativo. La nostra non è un’azione punitiva nei confronti di chi ha fatto il viaggio. L’intenzione è quella di offrire un po’ di serenità a chi rientra. A giovani che entreranno in contatto con i genitori o con i nonni e che devono essere sicuri di non portare il virus in famiglia. E per essere sicuri, il tampone dobbiamo farlo non prima delle 72 ore”.