Mille migranti in più oltre la capienza, cucine di fortuna nelle unità abitative e nessuna separazione dei servizi igienici tra uomini e donne. “Una situazione disastrosa” come la descrive il parlamentare del Movimento 5 Stelle Giuseppe Brescia, in visita al Cara di Bari dopo la rissa di poche settimane fa. Due ospiti, in quell’occasione, finirono al pronto soccorso in codice rosso per ferite d’arma da taglio. E l’episodio, l’ultimo di una lunga serie, non stupisce. Almeno ad ascoltare le parole del parlamentare pentastellato. A fronte di una capienza massima di 700 persone, all’interno vi sono ben 1773 unità, più del doppio del consentito.
A questo si aggiungono gravi problemi di ordine igienico sanitario: “Ai migranti è permesso di cucinare all’interno – racconta Brescia -quindi dal punto di vista della sicurezza non ci siamo certamente, non c’è separazione tra uomini e donne nei servizi igienici perché lì dove ci dovrebbero essere soltanto donne ci sono anche uomini”. In questi giorni peraltro si discute in parlamento del piano del ministro Minniti, che tra le varie misure porterebbe alla riconversione dei centri di identificazione ed espulsione in centri di permanenza per il rimpatrio da massimo 150 posti. In Puglia ce ne sono già tre, uno dei quali, momentaneamente inattivo, si trova proprio all’interno del Cara di Bari. “Ce ne dovrebbe essere uno per regione – prosegue il Parlamentare – invece ne abbiamo uno a Brindisi, uno a Bari (momentaneamente inattivo perché oggetto di lavori di ristrutturazione ma che sarà A breve riaperto) e poi c’è l’hotspot di Taranto che funge anche da centro di identificazione ed espulsione. Quindi ne avremmo tre in Puglia”.
Il problema, invece, sarebbe un altro: “Questi migranti sostano per troppo tempo all’interno del centro. Le commissioni territoriali hanno velocizzato un minimo le procedure però non è ancora sufficiente. In media restano all’interno anche per più di un anno. Troppo tempo”. La causa dunque va individuata altrove: “Il problema dei respingimenti e delle espulsioni riguarda gli accordi bilaterali che si riescono a fare con i paesi di provenienza. Questi devono prima di tutto riconoscere il migrante, cosa che non avviene quasi mai.
Quindi in questo momento ci sono circa 90.000 persone che dovremmo rimpatriare all’anno, a fronte di circa 170mila arrivi. Di questi soltanto il 40% riesce ad ottenere lo status di rifiugiato mentre del restante 80-90 mila ne riusciamo a reimpatriare solo 10mila. Anche se riuscissimo a raddoppiare questa cifra avremmo circa 60 -70 mila persone che restano come irregolari sul nostro territorio”.