“Signora mia, quanto è brutta l’omofobia” sul mezzobusto di Madre Teresa Gimma, in corso Cavour. “Ve lo dico finanche qui dal podio, l’omofobia è solo odio” sulla statua del Cavallo con gualdrappa in corso Vittorio Emanuele. Sono solo due dei cartelli affissi la scorsa notte a Bari dagli attivisti di Queerrilla Group in un’operazione di visibilità e rivendicazione dei diritti della comunità Lgbtq. Una dozzina, in tutto, le frasi lasciate in punti strategici della città, accompagnate dall’hashtag #OraParliamoNoi “dopo un lungo dibattito pubblico – dicono dall’associazione – fatto sulla nostra pelle”.
“Ogni luogo della città ci appartiene perché noi siamo ovunque – dicono dal Queerrilla Group -. Siamo donne, uomini e nessuna delle due. Siamo persone con disabilità, siamo migranti e cittadine, siamo le identità che reclamiamo a gran voce, siamo i diritti che negate, quelli su cui giocate una partita politica”.
E ancora. “In queste settimane sostenere il ddl Zan ha assunto i connotati di un gesto eroico: non lo è – dicono gli attivisti -. Comprendiamo che questo possa accadere in un paese assolutamente arretrato nel riconoscimento dei diritti civili e delle libertà individuali, ma per noi il ddl Zan costituisce il minimo sindacale. Il punto di partenza di un progetto culturale che demolisca il patriarcato ed ogni retaggio misogino, omofobico, colonialista e specista”.
“Quello delle persone trans è un diritto alla Salute che la Regione Puglia continua a negare – concludono -. Il tempo è scaduto, non ci sono più scuse: auspichiamo una doverosa presa di posizione da parte di chi ha capitalizzato la visibilità legata all’emergenza sanitaria per diventare assessore. Anche questa è emergenza sanitaria. E non c’è niente di ideologico nel riconoscimento delle identità trans, che non può e non deve essere precarizzato”.