É l’8 agosto del 1991. Un mercantile albanese, la nave Vlora, arriva al porto di Bari con a bordo quasi 20mila persone. Fuggono da un paese in piena crisi sociale ed economica, con la caduta del regime comunista in un’Europa che si sta ancora riorganizzando dopo il crollo del muro di Berlino. Già nei mesi precedenti le coste pugliesi avevano accolto i primi sbarchi. Questa volta la nave, respinta dal porto di Brindisi, fa rotta verso il capoluogo. Ciò che appare agli occhi di chi si trova a terra è un’immagine destinata a rimanere per sempre impressa nella storia di questa città.
Le autorità si ritrovano in poche ore a dover organizzare la gestione di un’emergenza umanitaria inaspettata. I tentativi di temporeggiare, ritardando l’attracco della nave, falliscono dopo che i primi passeggeri iniziano a gettarsi in mare. Qualcuno raggiungerà la riva a nuoto, nel tentativo di fuggire, altri saranno raccolti in mare dalle motovedette di servizio.
Sulle modalità di gestione dell’emergenza si creerà una grossa frattura tra Bari e Roma. Il governo italiano aveva nelle settimane precedenti avviato un dialogo con Tirana per evitare proprio gli sbarchi di massa ma l’evoluzione dei disagi sociali in Albania rese evidentemente vano questo tentativo. Probabilmente l’intenzione di Roma era quella di dare un segnale a quanti si avventuravano in questi viaggi della speranza: se questa avesse trovato risposta si sarebbero aperte le porte per un arrivo di altre navi come la Vlora dirottate di forza verso le coste italiane. Tra le decisioni discusse vi fu quella di scegliere lo Stadio della Vittoria come luogo di accoglienza per quanti erano arrivati al porto. A raccontare questi giorni convulsi ci furono per Telebari i giornalisti Fortunata Dell’Orzo e Arturo Saudella, accompagnati per le immagini da Federico Semplice, Franco Saccente, Tino Freda e Michele Acquaviva.
Le scelte compiute animarono un lungo scambio di accuse che vide protagonisti in particolare il Sindaco di Bari Enrico Dalfino e il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Un anno dopo il primo cittadino, nel frattempo dimessosi dalla carica, intervistato negli studi di Telebari da Piero Ricci, spiegò a mente fredda ciò che era accaduto nel corso di quelle giornate. In quell’occasione ribadì come lo spirito di accoglienza di molti baresi avesse comunque segnato un giorno importante per il rapporto tra i due popoli, nonostante gli errori nella gestione di un’emergenza che portarono l’Italia al centro delle polemiche internazionali.
La nave era partita da Durazzo il 7 agosto. Arrivata da Cuba stava scaricando nel porto della città albanese dello zucchero, principale esportazione del paese di Fidel Castro. Un folto numero di persone aveva divelto le recinzioni e non c’era più polizia a presidiare il porto. Molti di loro erano armati e imposero al comandante Halim Milaqi di partire alla volta dell’Italia. La troupe di Telebari riuscì qualche giorno dopo l’arrivo a Bari a salire a bordo raccogliendo la testimonianza di quell’uomo.
Facciamo un passo indietro per raccontare una storia nella storia. Una delle tante pagine scritte in quei giorni difficili. Vito Bellini è un giovane medico, tra i primi a essere chiamati al porto per prestare soccorso alle tante persone arrivate a Bari in precarie condizioni di salute. Ricorda bene quanto accadde e gli sforzi di tanti baresi che scelsero di percorrere la via dell’accoglienza.
Per quel medico fu l’occasione per trovare un’amicizia inaspettata. Con un uomo della stessa età nato però dall’altra parte dell’Adriatico. Quest’uomo si chiama Ylli Bejtja, nome che lui stesso ha italianizzato in Giulio. Lui fu uno dei testimoni diretti di quel viaggio, tra i pochi riusciti a rimanere in Italia e a vedere nel giro di molti anni una vera trasformazione della propria vita. Oggi vive in America e gestisce una cooperativa nel settore dell’edilizia.
Il destino di Ylli, o Giulio, fu molto diverso da quello della maggior parte delle persone arrivate a Bari sulla Vlora. Nei giorni che seguirono lo sbarco fu riorganizzato il rimpatrio dei quasi ventimila sia via mare che in aereo. A molti non fu detto che il viaggio si sarebbe concluso con un ritorno nel proprio paese di origine. Il numero di persone era tale che una eventuale rivolta non sarebbe stata gestibile dalle forze dell’ordine italiane.
Gli avvenimenti dell’agosto 1991 cambiarono comunque la storia dell’Adriatico creando la consapevolezza di un bisogno di accoglienza che non poteva più essere respinto con i militari. Paradossalmente proprio lo spirito di quanti si spesero per accettare e non per respingere pose le basi per un ponte tra il popolo albanese e quello pugliese. Una partenza per uno sviluppo comune tra due terre divise solo da 71 km di mare.