Nell’estate che ha incoronato la Puglia regina del turismo, c’è un indotto che soffre schiacciato dai rigidi protocolli antiCovid per i crocieristi. Questo segmento lascia a bocca asciutta taxi, tour operator come Veloservice, artigianato locale e ristoranti tipici. Molti di loro lamentano la perdita di una grossa fetta di fatturato, perché le crociere garantiscono la destagionalizzazione, movimentano grandi flussi e diventano anche uno straordinario strumento di promozione del territorio.
È uno degli effetti di questa pandemia, che ha costretto le grandi compagnie di crociera a definire delle misure rigide per salvaguardare la salute di passeggeri ed equipaggi. I visitatori vivono in una bolla spazio temporale: non possono prendere taxi, noleggiare una bicicletta o fare shopping in giro per la città. Misure estreme pensate per salvaguardare le crociere e ridurre al mino i rischi di contagio, determinando la crisi di una parte del settore in cui nessuno ha colpe.
“Sono all’ombra. In questa città i croceristi sono nell’ombra più buia – scrive in un post Facebook Paco Ricchiuti, fondatore di Veloservice, che per anni ha portato in giro per la città i crocieristi con biciclette e risciò – È questa la risposta più sincera a chi si chiede cosa sta accadendo a questo importante segmento della Bari turistica. Le politiche proclamano sistematicamente migliaia di presenze che nella realtà non apportano nessuna ricchezza e non creano nessun beneficio alla precaria economia cittadina. Ai passeggeri in visita non è consentito lo sbarco in autonomia per scegliere liberamente dove andare, cosa vedere, con chi gestire il proprio tempo. Non è consentito prendere un taxi, bere un caffè, acquistare un souvenir, noleggiare una bicicletta, visitare un museo, degustare un gelato”.
“È fatta eccezione – spiega Paco – per due negozi considerati i soli posti “Covid free” della città: qui si organizza sosta convenzionata e degustazione di prodotti tipici. Sembra incredibile ma è così. Al servizio degli enormi flussi di persone ci sono due partite Iva e ripeto due. Uccisi dunque i principi di economia circolare, innovazione ambientale, interesse pubblico, mi chiedo come mai non si intervenga. E non sono l’unico”.