Oltre 386mila tamponi naso-faringei in Puglia in neanche 10 giorni. Una media giornaliera di oltre 64mila accertamenti con il picco di 104mila test del 31 dicembre. La Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica lancia l’allarme: molti test non vengono eseguiti per finalità di sanità pubblica. L’esame viene richiesto come una sorta di “patentino di immunità” per poter partecipare a cene e feste. Una modalità di accesso “fai da te” al testing per SARS-COV-2 che, secondo il gruppo pugliese dei professionisti direttamente impegnati nella gestione della pandemia, non sarebbe idonea a perseguire obiettivi di sanità pubblica di contenimento. Il numero di risorse umane e materiali impiegate in queste diagnosi distoglierebbe le stesse, infatti, da altre attività di rilievo per la sanità pubblica, come le vaccinazioni o la distribuzione di farmaci nel caso delle farmacie private.
Il fatto che una parte consistente dei test venga eseguita con pagamento diretto da parte dell’utente, d’altro canto, non giustificherebbe comunque una così massiva distrazione di risorse sanitarie. Da ciò verrebbe dunque la richiesta rivolta alla regione: ricondurre l’accesso ai test ad un unico meccanismo integrato tra pubblico e privato organizzato però sugli stessi criteri di priorità, predisporre una calendarizzazione che dia priorità ai soggetti sintomatici e ai contatti stretti con fattori di rischio, rimettere i Dipartimenti di Prevenzione al centro di questa definizione e infine subordinare l’accesso diretto dell’utente a pagamento solo dopo l’espletamento dei fini di sanità pubblica. Il consiglio direttivo pugliese e lucano di SITI ha riassunto queste richieste in una nota che è stata inoltrata alle autorità sanitarie regionale.