#Barifutura, la storia di Laura Larocchia: “Con il southworking faccio consulenza dalla mia città”

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Tra i neolaureati circolano voci e leggende sulle grandi società di consulenza: organizzazioni ramificate in tutto il mondo dove essere assunti è più che un traguardo, è uno status. Tra inglesismi, videochiamate, progetti in qualsiasi ambito, sedi all’avanguardia tra Roma e Milano e immancabili gadget come la borraccia aziendale, queste società hanno occupato una fetta dell’immaginario e delle aspirazioni di tanti giovani talenti. Sembra strano pensare che qualcuno possa rinunciarvi per lavorare in una piccola “boutique” della consulenza con sede a Bari Vecchia, eppure è la storia che vi raccontiamo oggi.

“Dopo la laurea in Marketing qui a Bari ho fatto diversi lavori in ambito amministrativo, poi è arrivata la consulenza. Stavo per entrare in una famosa multinazionale, quando mi è stato proposto di andare a lavorare in una società che ancora non esisteva”. A parlare è Laura Larocchia, oggi Office e Social Media Manager della Disal Consulting, la società che allora “non esisteva neanche”.

“A parlarmene è stato Nicolò Andreula, founder della Disal, suscitando di molto la mia curiosità. L’idea di far nascere un progetto del genere qui su Bari è stato sia uno stimolo che una grande sfida. Dopo qualche mese siamo partiti e dopo due anni siamo ancora qua”.

Certamente anche da Bari si possono raggiungere traguardi importanti, ma non si soffre un po’ il paragone con chi invece è andato in un grande realtà?

“Anche se siamo qui curiamo progetti per grandi società nazionali e internazionali. Poi sono ancora convinta della mia scelta per tre fattori: per la qualità della vita, per le sfide che ho affrontato e per l’impatto che ho potuto generare. Lavorare in un gruppo che promuove il remote working mi ha permesso di lavorare dalla casa al mare, da un bar, da dei coworking o da ovunque mi andasse. In questo momento sentivo il bisogno di spostarmi e sto lavorando da Milano e questa flessibilità mi fa stare molto bene”.

La flessibilità è importante, ma quando si è così giovani non si sente ardere il fuoco dell’ambizione?

“Qui ho imparato tantissimo, perché essendo una società piccola mi è capitato spesso di curare un progetto dalla sua ideazione fino a quando non è stato messo in atto. Proprio per questo sono felice dell’impatto che generiamo: posso vederlo con i miei occhi. Guardare un cliente crescere, osservare i suoi risultati e vedere il concretizzarsi delle mie azioni.

Prima hai parlato di “remote working” e di “south working”, cioè il restare fisicamente al sud anche se si lavora per progetti sparsi per il mondo. Qual è il valore aggiunto?

“Noi non abbiamo un vero e proprio ufficio, possiamo lavorare da dove ci va. Molti dei miei amici finiti gli studi sono andati via e se non avessi avuto questa possibilità sarei andata via anche io. Credo che questi processi di digitalizzazione del lavoro siano una grande opportunità per ripopolare il sud e per Bari. Permettere il lavoro agile secondo me è il modo migliore per evitare le “fughe di cervelli”. Io amo la mia terra e credo che ci siano luoghi splendidi e persone con un grande potenziale da valorizzare. Restando mi sono anche potuta impegnare attraverso i Global Shapers Bari, realtà del Word Economic Forum di cui sono vice curator, impegnata nel creare impatto sociale sul territorio”.

Che consiglio daresti a una ragazza che vuole restare qui a Bari a fare consulenza?

“Di non guardare solo le grandi società, ci sono piccole realtà dove si può imparare molto di più e soprattutto si possono incontrare persone che davvero vi influenzeranno in positivo. Io ho avuto la fortuna di avere colleghi incredibili e di sentire l’impatto di quello che facevo. Lo auguro a tutti coloro che decidono di restare”.


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