“L’Albero che…”, storico pub nel cuore di Carrassi, quest’anno compie trent’anni. L’attività attualmente è gestita dai ragazzi del Factory e da Angelo Oliveri, specializzati dal 1914 in cucina messicana. Il piccolo locale di via Pasubio 101 dal 1992 ha unito diverse anime: studenti universitari, persone in cerca di una buona birra, con la voglia di passare una serata in compagnia e in spensieratezza.
A raccontarci la storia del locale è Nicla Falagario, figlia della storica proprietaria, Rosa Fracchiolla. “L’Albero che non è un pub come tutti gli altri- confessa Nicla – ma è un luogo per me speciale. Nel ’92 quando mia madre decise di aprire il locale, ero piccolissima. Io e mia sorella siamo cresciute lì dentro, e il sentimento che mi lega a questo posto lo porterò per sempre con me. Ricordo quando mia madre ha scelto il nome del locale, nato da un aneddoto molto simpatico. Lei era ispirata da un vecchio pub barese dal nome ‘L’Isola che non c’è’. Così, in seguito alla sua chiusura, decise di omaggiare il suo ricordo chiamando il nostro pub “L’Albero che non c’è”, perché effettivamente non c’era nessun albero da noi”.
“Mia madre chiese poi a una persona di creare l’insegna, ma questa, quando era troppo tardi, si rese conto che aveva sbagliato le misure per scrivere la frase, e sperò che mia madre la comprasse lo stesso, cosa che fece – ricorda ancora Nica – Questa persona mise anche i tre puntini di sospensione, perché voleva far capire a mia madre che la frase continuava. Da 30 anni, in seguito a questo errore, il locale continua ad essere per tutti L’Albero che…”.
Il piccolo locale ha unito e continua a unire diverse generazioni, senza target specifico. “Per anni – prosegue Nicla- ho ricevuto cartoline di persone che si sono conosciute da noi e hanno messo sù famiglia. Tanti gli studenti che frequentavano il nostro posto, che adesso hanno raggiunto traguardi importanti. Io e mia sorella siamo cresciute insieme a loro, ho coltivato amicizie importanti. Mia madre è stata un punto di riferimento per i baresi e per tutti i fuori sede di qualsiasi età”.
Secondo Nicla, bisognerebbe fare una netta distinzione tra i pub di inizi anni ’90 e quelli successivi. “All’epoca il pub era un posto per stare insieme agli amici e mangiare qualsiasi cosa e bere birra – dice – Adesso c’è l’esigenza di specializzarsi soprattutto con l’avvento dei social, e i ragazzi del Factory sono riusciti a conservare sempre l’idea del pub visto come luogo familiare e di spensieratezza”. Lo scopo, però, è sempre passare una serata in buona compagnia, con una birra e del cibo di qualità. “Quando mia madre si è ammalata, gestire il locale da sola era impossibile. All’età di 29 anni dovevo prendere una decisione: chiudere il locale o farlo rivivere – ci dice Nicla – Per questo ho scelto i ragazzi del Factory, perché avevo la sicurezza che avrebbero continuato a fare rivivere il locale, mantenendo la natura di un pub. Ho preferito dare spazio a loro, mi è sembrata la scelta più giusta per mantenere la memoria di un pezzo di storia del quartiere, che molti non dimenticheranno mai”.