Estorsioni nei cantieri a Ceglie e Valenzano, Adelfia e Capurso: sei arresti nel clan Di Cosola – I NOMI

Sei ordini di carcerazione, emessi dalla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Bari, sono stati eseguiti dai carabinieri nei confronti di Antonio Battista (51 anni), Talal Kiwan (49), Alessandro Lopriore (30), Vito Carbonara (38), Antonio Pala (44) e Piero Surio (49) destinatari di sentenze definitive di condanna per gravi reati commessi tra il 2011 e il 2015, “riconducibili – è spiegato in una nota – alle dinamiche di riorganizzazione ed espansione del clan Di Cosola”.

“L’attività investigativa – spiegano ancora i carabinieri – ha consentito di ricostruire, oltre a un importante traffico di droga, il sistema di estorsioni nel settore dell’edilizia organizzato dal clan Di Cosola nel quartiere barese di Ceglie del Campo, ma anche a Valenzano, Capurso, Casamassima, Adelfia e Bitritto. Dove gli uomini del clan si rivolgevano agli imprenditori edili, obbligandoli a consegnare denaro a titolo di protezione o, in alternativa, ad acquistare il cemento prodotto da un’impresa a loro collegata”.

“Le condanne promanano dalla conclusione delle fasi processuali connesse all’indagine Pilastro, avviata nel marzo del 2011 a seguito dell’omicidio di Giuseppe Mizzi. Nel processo di primo grado nei confronti degli 80 imputati sono state emesse sentenze di condanna (con rito ordinario e rito abbreviato) ad una pena complessiva per circa 8 secoli di reclusione, ridotta a circa 4 secoli complessivi di reclusione nel giudizio di appello”. Sopraggiunta l’irrevocabilità delle sentenze, quindi, i carabinieri hanno proceduto all’esecuzione dei provvedimenti di carcerazione.

Veglia per la pace sulla tomba di San Nicola, Decaro: “Sindaco di Leopoli mi ha inviato richiesta d’aiuto”

“Oggi, purtroppo, Bari non è felice. Non può essere felice nonostante l’approssimarsi del santo Natale, momento di gioia per tutti i cristiani, per tutti coloro che credono che la parola di Dio sia portatrice di verità e giustizia, di pace e di fratellanza. Nessuno può gioire al pensiero che da più di 300 giorni una tragedia umanitaria si sta consumando nel cuore dell’Europa”. Lo ha detto il sindaco di Bari, Antonio Decaro, durante i saluti istituzionali prima della preghiera di pace, organizzata dalla Cei, sulla tomba di San Nicola nella Basilica di Bari (qui la notizia).

“La follia dell’uomo – ha aggiunto il sindaco – ancora una volta sta spezzando vite, distruggendo città, seminando terrore, annientando speranze e gettando ombre oscure sul futuro. Proprio ieri sera Andrey Sadovy, sindaco di Leopoli, mi ha inviato una lettera con una richiesta di aiuto per sostenere le attività di Unbroken, un centro di riabilitazione mentale, perché la guerra non solo uccide fisicamente ma devasta anche psicologicamente, soprattutto i bambini”.

“Come fiori piegati dalla violenza – ha concluso Decaro – vengono uccisi, feriti, subiscono violenze, non hanno cibo o non possono essere curati, non possono andare a scuola. Solo coltivando la pace possiamo proteggere davvero il loro futuro. Questo è il messaggio straziante che arriva da Leopoli alla vigilia di questa veglia di preghiera rivolta a San Nicola, il santo protettore dei bambini”.

Poi ha parlato il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. “È un momento difficile della storia, nella quale la chiesa sta svolgendo la sua parte, a Bari come nel resto nel mondo – ha detto -. Ciò che temevamo da anni si è verificato e questo ha a che fare col maligno, dentro i singoli uomini, nelle nazioni, che ci fanno vedere le cose secondo le prospettive sbagliate. Quando è il maligno a prendere in mano la situazione, non resta che pregare”. Questa preghiera “era una necessità dell’anima – ha concluso Emiliano -e questa città si è sempre sentita coinvolta nel cercare di favorire il dialogo ecumenico”.

La pace è “affare nostro” e comincia “nel cuore di ciascuno” ha detto infine il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Zuppi, a Bari per l’occasione. “Il Bambino Gesù, che tra qualche giorno accoglieremo, è il segno della speranza, la luce che rischiara le tenebre dell’egoismo, della violenza e della guerra. Di tutte le guerre”. Il cardinale ha salutato i rappresentanti delle istituzioni e “i Padri Domenicani, che ci accolgono in questa bellissima Basilica, e tutti coloro che sono qui a pregare, uniti a tutti i cristiani di Ucraina e Russia. San Nicola – ha concluso il cardinale – non può giustificare e benedire il fratello che alza le mani contro suo fratello e con lui imploriamo il dono della pace”.

Traffico internazionale di droga dall’Albania alla Puglia, 14 arresti: sequestrate sostanze per 15 milioni di euro

Alle prime luci dell’alba la Direzione Investigativa Antimafia – articolazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza – nell’ambito dell’Operazione “Shefi”, ha eseguito 14 ordini di carcerazione, emessi dalla Procura Generale di Bari, nei confronti di altrettanti soggetti residenti a Bari, Salerno e provincia, responsabili a vario titolo del reato di traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Oltre 40 unità della Dia, in collaborazione con personale della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza hanno eseguito gli ordini di carcerazione nei confronti di 9 cittadini italiani e 5 di nazionalità albanese.

L’indagine, avviata nel maggio 2016, ha permesso di sequestrare oltre 2300 chilogrammi di droga tra marijuana, cocaina ed eroina, sottraendo alle associazioni criminali proventi stimati in oltre 15 milioni di euro, per un totale di circa 7 milioni di dosi singole ricavabili dallo spaccio al dettaglio. All’indomani della sentenza della Corte d’Appello di Bari del 10 maggio 2021 sono state inflitte pene variabili da 2 a 20 anni, essendo stata riconosciuta anche dalla Corte di Cassazione la sussistenza, per alcuni condannati, dell’aggravante della “transnazionalità” del reato di traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

L’operazione, già a marzo del 2018, aveva portato alla disarticolazione di due potenti e distinte organizzazioni criminali, operanti a Bari e provincia, con ramificazioni oltre che in Albania, in Sicilia, Campania, Calabria e Abruzzo dedite all’importazione dall’Albania via mare di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente. Entrambe le organizzazioni criminali avevano una comunanza di interessi in Italia con organizzazioni delinquenziali pugliesi deputate a compiti logistici ed in Albania con organizzazioni criminali del posto deputate alla produzione, al confezionamento, allo smistamento ed al trasferimento dello stupefacente sull’asse ‘Albania-Puglia-territorio nazionale’.

Gli investigatori della D.I.A., infatti, hanno monitorato l’approvvigionamento di droga in Albania, il trasporto internazionale sempre avvenuto “via mare”, utilizzando natanti appositamente equipaggiati sull’asse “Albania-Puglia”, lo sbarco sempre avvenuto in stretta sinergia con le organizzazioni criminali pugliesi, i depositi tra Bari e provincia, il trasporto sull’asse “Puglia-territorio nazionale” effettuato “via terra” da corrieri italiani con “veicoli staffetta”, i destinatari identificati in soggetti domiciliati, oltre che in Puglia, in Sicilia, Campania, Calabria e Abruzzo.

Proprio nel quartiere Carrassi di Bari, la Direzione Investigativa Antimafia aveva localizzato un deposito per lo stoccaggio dello stupefacente e individuato un cittadino albanese considerato al vertice di una delle due organizzazioni criminali in grado di avvalersi di pluripregiudicati italiani, alcuni dei quali condannati per associazione di tipo mafioso, impiegati quali custodi e corrieri “all’ingrosso” dello stesso stupefacente proveniente dall’Albania.

Le complesse indagini, effettuate con l’ausilio di intercettazioni telefoniche, ambientali, video-riprese e servizi di osservazione pedinamento e controllo, avevano permesso, tra l’altro, di arrestare “in mare” a Polignano due scafisti provenienti dall’Albania con oltre una tonnellata di stupefacente, un corriere italiano con oltre mille chili di marijuana, due corrieri italiani mentre trasportavano 13 chili di stupefacente destinato a Salerno ed a Tortoreto, nonché due corrieri albanesi con 8 chili di stupefacente a Scicli, e di individuare un altro deposito a Mola di Bari con oltre cinquanta chili di droga, compreso un panetto di cocaina purissima.

L’operazione della Direzione Investigativa Antimafia è il risultato concreto dell’intenso lavoro svolto dalla Squadra Investigativa Comune, organismo di cooperazione giudiziaria e di polizia, istituita per la prima volta il 10 luglio 2017 a Tirana tra la Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, la Procura per i Reati Gravi Albanese (SPAK) ed Eurojust (Organismo – con sede all’Aja – che sostiene la cooperazione giudiziaria nella lotta contro le forme gravi di criminalità trasnazionale).

Proprio grazie alla costituzione della S.I.C. è stato consentito al personale della Direzione Investigativa Antimafia di Bari ed al personale della Polizia albanese di approfondire indagini riguardanti i crimini transnazionali, in maniera coordinata direttamente all’estero e senza attivare le complesse procedure rogatoriali, nonché di operare avvalendosi del fondamentale ruolo di coordinamento internazionale assicurato dalla Direzione Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo.

Bari, svaligiate sette salumerie del mercato di corso Mazzini: danni per 25mila euro di merce

Sarebbero entrati dal cancello del mercato con le automobili, riuscendo a scassinare sette box salumeria e a portare via merce del valore di 25mila euro. Furto shock nella notte nel mercato di corso Mazzini, nel quartiere Libertà di Bari. I ladri sarebbero entrati dall’accesso di via Garibaldi, mirando dritti alle sette salumerie del mercato, con l’obiettivo di portare via salumi, formaggi, vino, tonno, e tutta merce preziosissima a pochi giorni dal Natale.

Sul posto al momento c’è la Polizia e la Polizia locale, insieme al presidente del Primo Municipio, Lorenzo Leonetti, giunto a portare conforto ai mercatali disperati. Sette dunque le salumerie colpite, con danni fino a 10mila euro per ogni box.  La dinamica è in fase di ricostruzione (insieme alla conta dei danni), ma pare i ladri siano riusciti a entrare dal cancello con le auto.

“I salumieri sono disperati – racconta Leonetti – Oltre al danno, la beffa del furto a pochi giorni da Natale e Capodanno, con la difficoltà oltretutto di reperire nuova merce proprio nel momento dell’anno in cui si dovrebbe vendere di più”.

Una delegazione dei mercatali incontrerà in mattinata il sindaco Antonio Decaro.

Prima cercarono di uccidere il boss Conte, poi ammazzarono ‘scorta’ e ‘autista’ dei clan: tre arresti. Condanne fino a 20 anni

I Carabinieri del Comando Provinciale di Bari hanno arrestato tre persone, ritenute colpevoli di omicidio, tentato omicidio, occultamento di cadavere, detenzione e porto illegale di armi, aggravati dal metodo mafioso: gravi reati commessi a Bitonto nell’estate del 2007, e riconducibili al contrasto tra due consorterie mafiose per il controllo del territorio e delle attività illecite in quel comune.

I Carabinieri hanno eseguito quindi tre ordini di carcerazione, emessi dalla Procura Generale presso la Corte di Appello di Bari (ufficio esecuzioni penali), nei confronti di altrettante persone colpite da sentenze definitive di condanna. L’attività investigativa svolta dai Carabinieri e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Bari, e le relative condanne, conseguono a due fatti di sangue, connessi tra loro.

Il primo è il tentato omicidio di Domenico Conte, elemento apicale di uno dei gruppi criminali, reale obiettivo dell’agguato, e il contestuale omicidio di Vito Napoli, affiliato di Conte con funzioni di ‘scorta’: reati commessi a Bitonto il 20 luglio 2007.

Il secondo episodio è l’omicidio con occultamento di cadavere di Giuseppe Dellino, autista del commando che aveva cagionato la morte di Napoli, e assassinato poco dopo per mano degli stessi sodali, per timore che potesse collaborare con la giustizia.

Le indagini, condotte in diverse fasi mediante servizi di osservazione controllo e pedinamento, attività tecniche, e supportate da diverse dichiarazioni di collaboratori di giustizia, hanno consentito nell’estate del 2013 di ritrovare il cadavere di Giuseppe Dellino in un pozzo nella frazione Palombaio di Bitonto, e nell’ottobre dello stesso anno di eseguire provvedimenti cautelari nei confronti dei tre soggetti, oggi condannati in via definitiva.

Le pene inflitte ai tre responsabili oscillano tra i 20 e i 17 anni, per i delitti di omicidio, tentato omicidio, distruzione, soppressione e occultamento di cadavere porto e detenzione di armi, in concorso e tutti aggravati dal metodo mafioso. Uno degli arrestati, 41enne originario di Bari, è stato rintracciato dai Carabinieri a Cassano delle Murge dove da diversi giorni, per sottrarsi alla cattura, si era nascosto in un appartamento disabitato. Lo stesso, nel corso della relativa perquisizione, è stato trovato in possesso di una pistola carica e con matricola abrasa, sequestrata.