La canapa leggera è stata legalizzata: il legislatore italiano riconosce dunque una distinzione tra una cannabis da tenere sotto controllo, poiché al di là del range di legalità, e una marijuana light, il cui commercio e consumo sarebbe invece tollerabile. Se questo concetto è risultato chiaro e, soprattutto, rivoluzionario per il consumatore comune, le sue conseguenze non sono state abbastanza immediate per il mondo dello sport, a causa della normativa antidoping che lo governa. Anche in questo caso, tuttavia, si è andati incontro a un cambiamento radicale.
Cosa rende legale la cannabis light
È tutta una questione di chimica: la differenza tra canapa leggera e cannabis illegale si gioca, infatti, sulla concentrazione di due molecole, il tetraidrocannabinolo THC e il cannabidiolo CBD. Nel caso del THC, infatti, una sua concentrazione percentuale superiore allo 0,2%, con un range di tolleranza che può spingersi fino allo 0,6%, rende la canapa illegale. La ragione risiede tutta negli effetti psicoattivi del THC, che, se presente in eccesso, renderebbero la canapa una sostanza stupefacente, capace di innescare dipendenza e di alterare le percezioni del consumatore.
Nella cannabis light, al contrario, una concentrazione di THC estremamente bassa deve essere bilanciata da più alte percentuali di CBD, le cui proprietà danno effetti completamente diversi. Tra questi, ad esempio, spiccherebbero soprattutto le proprietà rilassanti e degli effetti calmanti che porterebbero il consumatore ad affrontare con maggiore lucidità eventi particolarmente stressanti. La cannabis legale viene dunque tollerata dal legislatore proprio perché non rientrerebbe tra le sostanze psicotrope e, non alterando affatto le percezioni dello spazio e del tempo, si rivelerebbe relativamente sicura.
Cannabis light e doping
Chiariti i due effetti diversi innescati dalle molecole di tetraidrocannabinolo e cannabidiolo, vanno valorizzate quelle proprietà positive che alcuni studi hanno riscontrato e messo in relazione al consumo di cannabis light, a più alto contenuto di CBD. Tra le proprietà positive, infatti, si possono annoverare dei positivi effetti analgesici e antinfiammatori, che, da soli, bastano a portare la questione del consumo di canapa all’interno del mondo in cui il dolore fisico, le infiammazioni e altri infortuni del genere potrebbero richiedere un’azione lenitiva rapida ed efficace: il mondo dello sport.
Il problema, in un primo momento, era dunque di doppia natura: da una parte, mancava ancora una legislazione tollerante nei confronti della canapa leggera; superato questo scoglio, restava il muro eretto dal WADA (World Anti Doping Agency), che bloccava l’accesso a qualsiasi sostanza nel mondo dello sport. Ebbene, una breccia in questo muro è stata aperta dalla stessa Agenzia Mondiale Anti Doping nel 2018, che ha ritirato il divieto di applicazioni di CBD in caso di eventi sportivi. Ovviamente, dove c’è CBD, c’è anche una percentuale di THC: tuttavia è stato subito chiarito che il ritiro del divieto si rivolge unicamente a quella cannabis carica di CBD e dalle concentrazioni minime di tetraidrocannabinolo, e dunque alla sola cannabis light.
Il punto di incontro tra consumatori di cannabis light e sport è dunque stato riconosciuto proprio dal WADA, nel momento in cui la canapa leggera è stata depennata dall’elenco delle sostanze dopanti. Si tratta senz’altro di un ulteriore riconoscimento del valore di tutti quegli studi che, con il procedere del tempo, starebbero riconoscendo un numero sempre maggiore di proprietà terapeutiche alla cannabis light. Alcune di queste, nello specifico, hanno un’immediata applicazione in ambito sportivo.
Canapa leggera e applicazioni sportive
L’uso del CBD è tollerato sia dal legislatore italiano sia, da quattro anni, anche dall’Agenzia Mondiale Anti Doping: quest’apertura rivoluzionaria nei confronti del consumo di cannabis light deriva tutta dal riconoscimento di alcune proprietà positive che caratterizzerebbero la molecola di CBD.
Alcune di queste proprietà avrebbero un impatto diretto o indiretto sulla qualità della vita degli sportivi: da questo elemento sarebbe derivata l’attenzione del WADA nei confronti della cannabis light, fino all’apertura nel 2018. Ad esempio, il CBD garantirebbe un potenziamento del sistema immunitario tale da rivelarsi prezioso per tutti quegli sportivi che si dedicano ad attività all’aperto, come il calcio; il corpo di questi atleti risulterebbe dunque più resistente a febbre e raffreddori, con ovvie ricadute positive sull’esperienza di gioco.
Allo stesso tempo, le proprietà analgesiche e antinfiammatorie, confermate da più studi, renderebbero il CBD particolarmente indicato per contrastare quelle infiammazioni e quei dolori legati ad allenamenti particolarmente duri e prolungati, o a infortuni. I tempi di recupero ne risulterebbero ridotti, permettendo dunque una più facile ripresa dell’atleta.
Infine, subentrano le proprietà positive che il CBD eserciterebbe sulla mente e sull’umore: l’effetto calmante e rilassante trova una valida applicazione nel caso di competizioni più importanti e dunque psicologicamente impegnative. Tutti questi elementi sembrano dunque concordare su un punto: le proprietà positive del CBD, riconosciute anche dall’apertura del WADA, potrebbero portare a un legame più stretto tra cannabis light e attività agonistiche di diversa natura, si spera nel segno di una migliore esperienza sportiva per gli atleti.