L’uomo è portatore della Sindrome di Munchausen. Nel suo passato anche una presunta violenza sessuale.
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I Carabinieri del Comando Provinciale di Bari, Nucleo Investigativo ed i Carabinieri della Compagnia di Altamura, hanno tratto in arresto Giuseppe Difonzo, classe 1987, di Altamura, su richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere avanzata dal P.M. Simona Filoni ed emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Bari Roberto Oliveri Del Castillo.
L’arrestato, già detenuto a far data dal 9 aprile scorso, è accusato dell’omicidio della figlia di soli tre mesi, consumato nella sera tra il 12 e il 13 febbraio 2016 all’interno del Reparto di Pediatria dell’Ospedale Giovanni XXIII di Bari. La neonata, che si trovava ricoverata da due giorni, sarebbe deceduta per soffocamento presumibilmente messo a punto dall’uomo all’interno della stanza di degenza della lattante mediante un meccanismo traumatico di tipo asfittico.
Gli esiti investigativi hanno permesso di accertare che la piccola era stata destinataria di diverse azioni aggressive e violente ordite ai suoi danni dal padre Giuseppe Difonzo, soggetto portatore della “Sindrome di Munchausen”, verosimilmente trasferita “per procura” alla figlia subito dopo la sua nascita (così come segnalato dal Direttore della U.O. di Neonatologia del Policlinico di Bari al Tribunale per i Minorenni di Bari). L’uomo arrestato è considerato dagli investigatori un soggetto munito di buon livello culturale e di cognizioni medico infermieristiche e giuridiche, ma con altri tipi di problemi. Prima della nascita della bambina, infatti, l’indagato sarebbe stato ricoverato più volte negli ospedali di Altamura e di Matera, in un periodo compresto tra il 2010 e il 2015, in un caso anche per tentato suicidio (poi rivelatosi totalmente inscenato).
Il 9 aprile Giuseppe Difonzo era stato attinto da ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di violenza sessuale aggravata commessa in danno di una minorenne, figlia di una amica della sua convivente. Durante tutto il periodo delle indagini l’arrestato ha cambiato più volte versione dei fatti, pur di far credere agli inquirenti che la notte dell’omicidio della figlioletta non si trovasse da solo in stanza con lei, venendo però smentito dalle risultanze procedimentali, incluse le dichiarazioni della sua convivente e dagli altri riscontri acquisiti.
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