È uno stralcio della testimonianza della presunta vittima degli abusi di Francesco Caramia, ex parroco brindisino arrestato stamattina dai carabinieri.
Le presunte violenze sarebbero avvenute al termine degli incontri di catechismo, almeno due volte a settimana. Sono alcuni dei dettagli raccontati dalla presunta vittima degli abusi di Francesco Caramia, ex parroco arrestato e condotto in carcere stamattina dai carabinieri. Alcuni stralci delle dichiarazioni sono contenuti nell’ ordinanza di custodia cautelare richiesta dal pm Milto Stefano De Nozza e disposta dal gip Maurizio Saso. “Io capivo che non era una cosa per bambini, mi immaginavo che non era una cosa per bambini, gli dicevo sei grande, per favore, lasciami stare, sono un bimbo. Qualche volta piangevo”, cosi la presunta vittima ha raccontato agli inquirenti quello che avrebbe dovuto subire dal sacerdote. Il bambino faceva il chierichetto. Il parroco, stando sempre al racconto del ragazzino che all’ epoca dei fatti aveva 8 anni, acquisito nella forma dell’ incidente probatorio, gli diceva che doveva “stare tranquillo” perché tutto ciò che faceva con lui “era per opera di Dio e che quello era solamente amore che voleva ricevere”.
Il parroco brindisino, Francesco Caramia, di 42 anni, nato a Mesagne (Brindisi) è stato arrestato e condotto in carcere con l’accusa di atti sessuali continuati e pluriaggravati su un bambino di 10 anni. I fatti risalgono agli anni 2009 e 2010. Nello scorso dicembre i carabinieri avevano fatto perquisizioni e sequestri nella chiesa in cui prestava la sua opera, la San Giustino de Jacobis del rione Bozzano, notificandogli contestualmente una informazione di garanzia. Una volta appreso di essere indagato, don Caramia si era dimesso dall’incarico. Gli accertamenti sono partiti dalla denuncia di un pediatra nel luglio del 2015: il minorenne aveva raccontato al professionista di aver subito abusi e aveva riferito anche alcuni dettagli. Il 16 febbraio scorso si è svolto l’incidente probatorio nel quale è stata acquisita la testimonianza del ragazzino. La perizia disposta sulla vittima stabilisce la sua credibilità e la sua capacità di elaborare e riportare correttamente quanto accaduto. Padre Caramia, difeso dall’avvocato Giancarlo Camassa, ha nominato come consulente di parte la criminologa Roberta Bruzzone.
“Un caso risolto grazie alla testimonianza di un pediatra e al coraggio della vittima di parlare, ponendo fine a un incubo che la tormentava da anni”: è quanto scrive in una nota Telefono Azzurro che incita bambini e adolescenti a non stare zitti e a rompere il muro del silenzio. “La pedofilia è un fenomeno ancora troppo diffuso nel nostro Paese e casi come quello nel brindisino ne rappresentano una drammatica conferma”, ha commentato Ernesto Caffo, presidente dell’associazione e docente di Neuropsichiatria infantile.
Quello condotto in carcere stamattina, Francesco Caramia, è il terzo prete arrestato per pedofilia nell’arco di poco più di anno nel Brindisino. Nel maggio del 2015 a finire ai domiciliari per atti sessuali su due chierichetti fu don Giampiero Peschiulli, ex parroco della chiesa di Santa Lucia, a Brindisi. Peschiulli è stato processato con rito abbreviato ed è stato condannato a 3 anni e 8 mesi di reclusione. Nel novembre dello stesso anno è stato arrestato in flagranza e posto ai domiciliari Franco Legrottaglie, sacerdote di Ostuni (Brindisi), di 67 anni, all’interno del cui computer fu trovato materiale pedopornografico. Anche lui ha scelto la via del processo con rito abbreviato, è stato condannato in primo grado a quattro anni di reclusione. Legrottaglie, era già finito a processo agli inizi degli anni 2000 per una vicenda del 1991, un episodio qualificato come “atti di libidine violenta” per cui gli fu comminata una pena di un anno e dieci mesi, sentenza passata in giudicato. Aveva abusato di due ragazzine. Nel 2010 era stato designato quale cappellano dell’ospedale Perrino di Brindisi, incarico cessato poi tra le polemiche. Il vescovo della diocesi Brindisi – Ostuni, mons. Domenico Caliandro, ha assunto provvedimenti nei confronti di tutti e tre i sacerdoti, allontanandoli dalle loro parrocchie o privandoli della possibilità di celebrare funzioni e somministrare i sacramenti.
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