Nelle oltre cento pagine di motivazioni, il Tribunale spiega come funzionava “la struttura organizzativa, caratterizzata da un’efficace ripartizione dei ruoli” che consentiva di nominare “commissioni amiche” per far vincere candidati predeterminati, “scelti non sulla base del merito scientifico, ma in base ad accordi tra gli associati”.
Pilotando l’esito dei concorsi, i docenti avrebbero così “acquisito in ambito accademico il controllo esclusivo del settore”. Le decisioni, spiegano i giudici, venivano “prese fuori dalle sedi ufficiali, fra poche persone influenti, senza alcuna seria regola, senza alcun controllo, e senza alcuna garanzia per i candidati, nei cui confronti il principale impegno delle commissioni giudicatrici non era quello di individuare i più meritevoli ma al contrario quello della elaborazione di argomenti spendibili, dietro lo scudo della discrezionalità, per escludere dalla dichiarazione finale di idoneità il candidato più meritevole, a favore dei vincitori predeterminati”.
La presunta associazione per delinquere agiva sulla base di “regole non scritte ma conosciute nell’ambiente universitario della cardiologia” che “si imponevano come obbligatorie ai consociati”. I giudici, che utilizzano termini come “obbedienza” e “padrino di carriera”, parlano di un “metodo collaudato” in cui tutti rispettavano gli ordini che arrivavano dall’alto, “anche perché – si legge nelle motivazioni della sentenza – se qualcuno non si atteneva alle indicazioni di voto, si attirava le ire e le ritorsioni dei capi dell’associazione”. “Pur dovendosi ritenere ampiamente provata l’esistenza e l’operatività del sodalizio” concludono però i giudici, il reato è ormai prescritto.