La morte di Nicola Mangialardi, il canoista modugnese del Cus Bari deceduto il 9 marzo 2015 durante un allenamento, “non è ascrivibile a pura e semplice fatalità”.
Lo scrive il gip del Tribunale di Bari Roberto Oliveri del Castillo nel provvedimento con cui ha disposto nuove indagini sulla sicurezza dell’area portuale del Cus ed ha archiviato, su richiesta della Procura, il procedimento per omicidio colposo a carico di due persone. Si tratta dell’atleta che si allenava quel giorno con la vittima, difeso dagli avvocati Claudio Minichiello e Cristiano Campanella, e il titolare del pontile contro il quale la canoa si schiantò, difeso da Filippo Spera.
Il giudice, infatti, individua una “notevole serie di negligenze e inadempienze da parte di organi pubblici, non adeguatamente messe in luce dalla polizia giudiziaria”. In particolare il gip chiede alla Procura di approfondire le modalità dell’allenamento e gli “eventuali accidenti che abbiano determinato il disorientamento”, di disporre una consulenza tecnica sul gps della canoa, mai analizzato in fase di indagini, di verificare eventuali “ritardi nei soccorsi” e “omissioni degli organi istituzionali che appaiono evidente concausa dei fatti in esame”.
Lo stesso pm, Simona Filoni, nella richiesta di archiviazione, aveva scritto che “sebbene sia emerso in maniera inconfutabile che i due canoisti non potessero allenarsi all’interno dell’area portuale in cui è avvenuto l’incidente mortale, è pur vero che tale prassi, non solo si protrae da anni, ma è abitualmente tollerata dalla Capitaneria di Porto e da tutti gli enti preposti al controllo dell’area portuale.
Quella dei due canoisti coinvolti, infatti, costituiva soltanto una delle imbarcazioni che il giorno dell’evento affollavano l’area in questione”. “È emersa – rilevava il pm – l’assenza di una efficace regolamentazione in materia di sicurezza della navigazione all’interno del bacino portuale di Bari, che si traduce in caos, disordine e conseguente abbassamento del livello di sicurezza della navigazione”.