Ex gip arrestato a Bari, il sospetto della DDA di Lecce: “Ad Andria custodiva armi per conto dei clan”

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L’ex gip del Tribunale di Bari, Giuseppe De Benedictis, potrebbe aver custodito armi anche per conto della criminalità organizzata. È quanto emerge dagli atti della DDA di Lecce che ieri hanno portato ad una nuova misura cautelare in carcere per traffico di armi, anche da guerra, nei confronti dell’ex giudice, già detenuto per corruzione in atti giudiziari.

“È di fondamentale importanza – si legge nell’ordinanza – l’accertamento in merito sia alla provenienza delle armi sia alla possibile detenzione delle armi anche per conto di soggetti terzi, appartenenti a persone orbitanti nell’ambito della criminalità organizzata locale”.

Dopo la perquisizione del 9 aprile scorso, nella quale De Benedictis fu colto in flagranza dopo aver intascato una tangente dall’avvocato penalista barese Giancarlo Chiariello (anch’egli in carcere dal 24 aprile per il concorso nella corruzione in atti giudiziari), l’ex giudice cominciò a preoccuparsi di essere “smascherato” anche sulla detenzione illecita dell’arsenale, poi sequestrato ad Andria il 29 aprile.

Parlando al telefono con il caporal maggiore capo scelto dell’Esercito italiano Antonio Serafino (anch’egli in carcere da ieri nell’ambito dello stesso procedimento), De Benedictis il 22 aprile dice di “temere che un eventuale rinvenimento dell’ingente materiale – ricostruisce la gip Giulia Proto – avrebbe smascherato la provenienza delle armi perché, come dice testualmente l’ex giudice, ‘risalgono a chi non devono'”.

“Quanto captato in questa conversazione – scrive la gip nella parte dell’ordinanza sulle esigenze cautelari – depone in tal senso”, con riferimento alla possibile detenzione dell’arsenale per conto di soggetti legati alla criminalità.

“Tra gli accertamenti da espletare vi sono quelli relativi ad una possibile sottrazione di talune delle armi in sequestro all’Esercito italiano, plausibilmente, con la compiacenza se non proprio con il contributo positivo di altri pubblici ufficiali infedeli che hanno garantito, anche, copertura”. Si legge ancora nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere notificata a De Benedictis e al caporal maggiore capo scelto dell’Esercito italiano, Antonio Serafino. Le verifiche su un possibile coinvolgimento di altri militari è l’aspetto sul quale le indagini si stanno ora concentrando.

La DDA di Lecce ritiene, infatti, “assai difficile che gli odierni indagati abbiano potuto nel tempo trafficare in armi, di tale portata e offensività per la collettività tutta, senza poter contare sul contributo e supporto di altri pubblici ufficiali, in specie appartenenti ai carabinieri e comunque le forze dell’ordine”. Del resto “entrambi – si legge ancora negli atti – rivestono alte cariche quali pubblici ufficiali, cariche che hanno, in modo subdolo, strumentalizzato per fini illeciti. Basti solo pensare all’utilizzo di cinque carabinieri da parte del magistrato per il trasporto delle armi”.

Il particolare emerge da una intercettazione dell’8 dicembre 2020 nella quale l’ex gip, parlando con il militare del recente trasferimento delle armi ad Andria, spiega di essersi avvalso dell’ausilio di cinque carabinieri, “devi fare le vedette – spiega De Benedictis all’amico – perché se ti prendono con un carico del genere è meglio che ti spari, se ti prendono sono 20 anni ciascuno”.


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