230 casi di Epatite A dall’inizio dell’anno. Più del quintuplo rispetto ai 39 registrati nel 2015. Non è ancora un’emergenza ma è un dato che comunque desta preoccupazione quello contenuto nel rapporto che sarà pubblicato tra pochi giorni dall’Osservatorio Epidemiologico Regionale. Dalla grande epidemia del 1997, che solo in regione fece registrare quasi 12000 soggetti colpiti, i numeri si erano mantenuti sempre sotto i livelli di guardia. È quello che i medici chiamano “periodo di luna di miele”.
Quando tra immunizzati (perché hanno già contratto la malattia) e vaccinati si raggiunge una copertura della popolazione che diminuisce le possibilità di contagio. Uno scudo immunitario che ciclicamente perde la sua efficacia, portando alla luce i focolai della malattia. L’aumento dei casi sta registrando un’impennata anche a livello nazionale (2000 da inizio anno) ed europeo (Spagna in particolare). Ma in Puglia il fenomeno assume una sua peculiarità testimoniata dai picco del mese di maggio.
Se è vero che in linea generale le percentuali parlano di una diffusione soprattutto tra soggetti di sesso maschile che hanno rapporti sessuali con altri uomini (MSM), un altro aspetto richiama l’attenzione a livello locale. Il consumo di frutti di mare crudi favorisce certamente la trasmissione. Una questione legata indirettamente a quella della qualità delle acque. Il sistema di depurazione degli scarichi fognari presenta non poche falle in tutta la regione. E il problema così si riversa, è il caso di dire, prima in mare e poi nei piatti dei pugliesi.