Resta in carcere l’ex dirigente della Protezione civile regionale pugliese Mario Lerario, arrestato il 23 dicembre per corruzione, con l’accusa di aver intascato due tangenti da 20mila e 10mila euro da due imprenditori. La gip del Tribunale di Bari Anna Perrelli ha rigettato l’istanza di sostituzione della misura cautelare del carcere con gli arresti domiciliari fatta dal difensore di Lerario, l’avvocato Michele Laforgia, e motivata con le dimissioni dalla Regione dopo l’arresto.
I due imprenditori che avrebbero dato a Lerario le tangenti sono dal 26 dicembre agli arresti domiciliari. Lerario, in cella per i due episodi corruttivi, è indagato con altre sette persone, un funzionario regionale e sei imprenditori, in una più ampia indagine della Procura di Bari sugli appalti della Protezione civile relativi all’emergenza Covid nella quale il procuratore Roberto Rossi e l’aggiunto Alessio Coccioli ipotizzano i reati di corruzione, turbativa d’asta e falso.
Nel provvedimento con il quale ha rigettato l’istanza di scarcerazione, la giudice evidenzia “la pluralità di episodi corruttivi ascritti a Lerario, due a distanza di meno di 24 ore l’uno dall’altro; le modalità di commissione dei fatti, l’aver abusato delle prerogative spettantigli” nella qualità di responsabile della Protezione civile, e “l’interferenza esercitata su altri funzionari dell’ente, consapevoli o meno della finalizzazione degli interventi a favorire gli imprenditori, sfruttando una rete di relazioni al fine di condizionare lecitamente l’azione amministrativa di altri soggetti pubblici, piegandola a fini privati”.
Non meno rilevante, secondo la gip, è la “pendenza di un procedimento presso il tribunale di Potenza per fatti di corruzione”. Per queste ragioni è tuttora “sussistente il pericolo di reiterazione di condotte dello stesso genere”, spiega Perrelli ritenendo inoltre che la revoca dell’incarico e la sospensione cautelare dopo l’arresto e le successive dimissioni “non elidono né attenuano le esigenze cautelari evidenziate”.
“A carico di Lerario – si legge infine nel provvedimento – è stato ravvisato anche il pericolo di inquinamento probatorio”, con riferimento alla bonifica degli uffici dalle microspie, “e le indagini, ancora in corso, hanno ad oggetto sia i fatti di cui all’incolpazione provvisoria” – le due tangenti che avrebbe preso la sera del 22 dicembre e la mattina del 23 – sia “la gestione di tutti i rapporti, i contratti e gli appalti relativi al periodo in cui l’indagato ha rivestito il ruolo di responsabile della Protezione civile, oltre ai fatti che hanno riguardato proprio la fuga di notizie relative all’indagine stessa”. Domani è fissata l’udienza dinanzi al Tribunale del Riesame al quale la difesa ha chiesto pure la scarcerazione.