Stipendi in cripto: comune nello sport, lo sarà anche nel business?
Era il 2009 quando Satoshi Nakamoto lanciò la prima criptovaluta al mondo: il Bitcoin. L’anno precedente lo stesso Nakamoto aveva già diffuso attraverso un white paper i principi che erano alla base di queste monete virtuali, basate sulla tecnologia blockchain e che avevano l’obiettivo di sganciare l’economia dai processi decisionali in carico esclusivamente a banche centrali, governi grandi società finanziarie.

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Da quel momento, il Bitcoin di Nakamoto, molto probabilmente solo uno pseudonimo dietro il quale si cela un gruppo di attivisti cypherpunk, ne ha fatta decisamente di strada, diventando un asset all’interno dell’economia mondiale. Al punto che lo stato di El Salvador prima e quello della Repubblica Centrafricana poi, hanno deciso di introdurlo come moneta ufficiale parallela rispetto a quelle tradizionalmente in vigore. Un segnale inequivocabile che quella che poteva sembrare solo una moda passeggera sta invece modificando dalle fondamenta l’impianto economico planetario. Un fenomeno che si sta allargando a macchia d’olio con risvolti anche sociali.
Gli stipendi in criptovalute: lo sport ha anticipato tutti
La stragrande maggioranza delle persone quando pensa alle criptovalute ragiona solo in termini di investimenti. Se si guarda alla storia di un’altra criptovaluta famosissima, Ethereum, c’è poco da obiettare: è sufficiente guardare il cambio ERH Euro per constatare come sia certamente un asset da inserire nel proprio portafoglio di investimenti. C’è però chi è andato oltre, portando potenzialmente le criptovalute nella vita quotidiana delle persone e aprendo alla possibilità di pagare gli stipendi direttamente con le monete virtuali. Si susseguono negli ultimi anni tantissimi esempi, soprattutto nel mondo dello sport.
Gli esempi nella NFL e nel calcio
Odell Beckham Jr., giocatore professionista di football americano e attualmente wide receiver per i Los Angeles Rams, in NFL, è stato uno dei primi ad accettare che il suo stipendio, allora di 750.000 dollari, gli fosse corrisposto in Bitcoin. Non è l’unico, perché come lui hanno scelto di sposare questo progetto anche altri giocatori come Russel Okung, Saquon Barkley, Cade Cunningham, Andre Iguodala, Aaron Rodgers e tanti altri. Uno dei motivi che ha spinto tanti giocatori della NFL ad accettare questo tipo di accordo è sicuramente quello di contrastare l’aumento del tasso di inflazione del dollaro, che riduce conseguentemente nel tempo il valore dello stipendio.
Cambiando sport, anche nel calcio c’è chi ha scelto di ricevere metà del suo stipendio in Bitcoin. Si tratta di Kieran Gibbs, difensore dell’Inter Miami, squadre americana che milita in MLS, Major League Soccer, ma che ha costruito gran parte della sua carriera all’Arsenal, in Premier League.
Stipendi in Bitcoin: sarà possibile anche in altri settori?
La vera domanda è se questo tipo di accordi possa prendere piede anche al di fuori del mondo sportivo. A macchia di leopardo ci sono già esempi di alcune società private, anche in Italia, che hanno lasciato ai propri dipendenti la possibilità di ricevere parte del proprio stipendio in criptovalute. Una spinta decisiva in questo senso potrebbe arrivare anche dal ruolo del legislatore, impegnato in questi mesi a definire con maggiore precisione il perimetro di azione del mondo cripto. È certo però che quello che sembrava solo qualcosa di fantasioso fino a qualche anno fa, sta diventando invece prassi consolidata.