Ridurre gli effetti collaterali delle terapie antitumorali, aumentare la sopravvivenza del paziente del 30-40%, concentrando chemio e radioterapia direttamente ed esclusivamente sulle metastasi al fegato causate dai tumori alla mammella e al colon-retto. Il risultato è stato raggiunto dall’Irccs Giovanni Paolo II di Bari, che oggi ha presentato alcuni dati relativi alle due tecniche: il Port intra-arterioso epatico, praticato solo nell’oncologico barese; e la Radioembolizzazione, che l’Irccs del capoluogo è l’unico al Sud a utilizzare.
Il direttore dell’unità di Oncologia interventistica e medica integrata dell’Irccs di Bari, Cosmo Damiano Gadaleta, ha spiegato che il Port intra-arterioso epatico è “l’impianto interno all’organismo di un dispositivo intrarterioso stabile, dall’inguine fino al fegato”. “Attraverso un buchino della pelle di due millimetri – fa notare il medico – si naviga nei vasi sanguigni, anche per 4 ore, con l’ausilio della guida dei raggi ‘x’ (angiografia)”. “Quindi – prosegue – giunti in prossimità del fegato, chiudiamo con dei tappini, piccoli emboli metallici, le arterie collaterali extraepatiche che originano dall’asse vascolare comune diretto al fegato e agli organi vicini, affinché non siano intaccati dal chemioterapico gli organi sani, venendosi così a creare un’unica strada percorribile dal farmaco che va direttamente ed esclusivamente dall’aorta al fegato”.
Questa metodologia di cura “puramente chimica – rileva Gadaleta – consistente nell’iniezione del chemioterapico per mezzo di una pompa elettronica esterna collegata con un aghetto transcutaneo, a goccia lenta e prolungata nel tempo, permette di ottenere alte concentrazioni solo nel fegato, evitando gli effetti collaterali di tossicità generale che troppo spesso funestano il paziente”. Con la Radioembolizzazione, detta anche Sirt (Selective internal radiation therapy), invece, milioni di piccole sfere di resina o vetro contenenti materiale radioattivo vengono iniettate nelle arterie del fegato direttamente nei vasi che alimentano il tumore: qui si fermano emettendo radiazioni ‘corte’ che uccidono le cellule rompendo le catene del Dna.
Questa tecnica si usa quando le metastasi epatiche, sia da cancro del colon-retto sia da cancro della mammella, a causa del loro numero e della loro grandezza non possono essere asportate o non si può intervenire con ablazione. In determinati casi è possibile utilizzare entrambe le tecniche, Port intra-arterioso e Radioembolizzazione, su uno stesso paziente.